Lo sviluppo imprenditoriale di ASCA é indissolubilmente legato a Manuela e Nunzio: insieme, rappresentano il motore della Cooperativa e della rete di organizzazioni che le sono nate attorno in questi ultimi anni.
Manuela, toscana di origine, si laurea in Scienze agrarie all’Università di Firenze discutendo una tesi in zootecnia sull’alimentazione degli ovini; successivamente, collabora con un progetto di ricerca finanziato dall’allora Ministero dell’Agricoltura riguardante le piante medicinali ed aromatiche. Nell’ambito di quest’attività, nel 1982, viene inviata in Abruzzo – regione particolarmente nota per questo tipo di coltura, come dimostra, tra gli altri, la produzione dello zafferano di Navelli. Ad Anversa degli Abruzzi – località in provincia di L’Aquila famosa, nel ‘600-‘700, per la produzione di ceramiche – entra in contatto con l’ASCA, fondata da Nunzio Marcelli come azienda agricola nel 1977. L’azienda, infatti, possedeva i cinque ettari di terreno su cui avrebbero dovuto essere svolte le coltivazioni oggetto della ricerca.
Nunzio, laureatosi discutendo una tesi in Economia agraria, aveva nel frattempo sviluppato un progetto volto alla valorizzazione delle aree marginali abruzzesi attraverso la diffusione dell’allevamento ovino, partendo dalle antiche esperienze di realtà limitrofe come Scanno, Castel del Monte e Pescocostanzo.
Nel 1980, il progetto viene finanziato dall’allora Cassa del Mezzogiorno: con i fondi ricevuti vengono realizzati l’ovile, la rimessa per gli automezzi, il fienile ed un edificio di appoggio. Il progetto iniziale prevedeva l’allevamento tanto di ovini (1.000 capi), quanto di bovini (100 capi); successivamente, però, ci si accorse che le asperità del terreno montano risultavano incompatibili per animali di grossa taglia, per cui ci si focalizzò solo sulle pecore.
L’obiettivo della Cooperativa era quella di recuperare un concetto tradizionale di allevamento, vale a dire estensivo, biologico, recuperando razze rustiche locali, a triplice attitudine, reputando che in tal modo sarebbe stato possibile valorizzare le poche risorse naturali della zona. La scelta di andare a realizzare un allevamento ovino, all’inizio degli anni ‘80, in un’area in cui la pastorizia non era stata particolarmente diffusa ed oltretutto, in un ambiente sociale e culturale, che rifuggiva dall’agricoltura in generale e dalla zootecnia in particolare, sembrò a dir poco assurda. Per dirla con le parole di Manuela, “non si capiva come dei bravi ragazzi potessero sprecare due lauree per stare dietro alle pecore”. Un preconcetto – quest’ultimo – tipicamente italiano, dato che in molti paesi europei i gestori di aziende agricole e zootecniche hanno una preparazione tecnica e manageriale di tipo universitario.
Pur partendo da una concezione tradizionale dell’allevamento ovino, rispettosa delle antiche tecniche, ci si rese subito conto che l’innovazione organizzativa e gestionale doveva rappresentare uno dei punti qualificanti della formula imprenditoriale. L’ovinocoltura gestita con modalità tradizionali, infatti non era più in grado di sopravvivere in un mercato diventato particolarmente competitivo; significativi appaiono, a tal proposito, i dati relativi al prezzo di vendita dei principali prodotti della pastorizia. Dal 1982, anno in cui iniziò l’attività commerciale della Cooperativa, ad oggi il prezzo della lana è sceso da circa 3 € a meno di 50 centesimi; quello della carne di agnello da circa 4,5 € a 3,75, quello del formaggio è rimasto stazionario intorno ai 7 €. Tali dati mostrano chiaramente che nessuno dei prodotti “tradizionali” dell’allevamento ovino poteva fungere da traino per l’attività della Cooperativa, assicurando adeguati flussi di cassa per finanziare lo sviluppo. La necessità di innovare la tradizionale attivitá di pastorizia indusse Manuela e Nunzio a cercare di aumentare il valore aggiunto collegato all’attività di allevamento, cercando di internalizzare le fasi tecnico produttive che fornivano maggiori margini. In tal senso, le prime attività che si decise di realizzare furono quelle della macellazione e della produzione di formaggi. Una tale decisione imponeva di dotarsi di apposite strutture – il mattatoio ed il caseificio – che rispondessero alle severe normative di settore. Investimenti questi che abbisognavano di opportuno flussi di cassa, non traibili dall’autofinanziamento della Cooperativa a causa degli scarsissimi margini di redditività. Per sopperire a questa esigenza, a partire dal 1987, la Cooperativa – esempio tra i primi in Abruzzo – diversificò nell’attività dell’agriturismo, ritenendo che il fenomeno agrituristico potesse rappresentare realmente un’ancora di salvezza per le aziende agricole abruzzesi, soprattutto in un’economia marginale come quella zootecnica e dell’agricoltura montana in genere. Tale attività, infatti, avrebbe consentito sia di ottenere un flusso di cassa durante tutto l’anno – superando la classica stagionalità dei prodotti zootecnici, maggiormente richiesti nei tradizionali periodi di Natale, Pasqua e ferragosto, sia di far conoscere ad un pubblico sempre più vasto i prodotti di ASCA. I visitatori dell’agriturismo, infatti, avrebbero potuto acquistare lana, carne e formaggi nello spaccio aziendale, inoltre, una volta terminate le scorte, avrebbero potuto ordinare i prodotti per corrispondenza. Non va poi dimenticato che l’attività agrituristica poteva beneficiare di sovvenzioni pubbliche, legate al Piano di Sviluppo regionale.
In questi anni, l’attivitá agrituristica ha ottenuto un significativo successo presso il pubblico, tanto che, sempre più spesso, la domanda risulta di gran lunga superiore all’offerta, vincolata – dalla normativa regionale – a 30 posti letto e 50 posti a tavola. Tale limitazione ha indotto la Cooperativa a valorizzare ancor di più il territorio circostante e gli altri operatori del settore, per cui, in caso di “tutto esaurito”, la domanda viene deviata sulle altre aziende agrituristiche della zona e sulle case private del borgo medievale di Anversa e degli altri comuni del comprensorio per un totale di circa 200 posti letto. L’agriturismo – denominato La Porta dei Parchi a motivo della centrale posizione nella Regione regina dei parchi naturali – è stato inserito nel circuito Slow Food e dei “Laboratori del Gusto”. In tal senso, l’attività ristorativa è gestita in base al principio del “mangiare informati”, per cui vengono spiegati gli ingredienti utilizzati, le relative caratteristiche organolettiche ed i processi adottati per produrli. Successivamente, anche l’offerta dell’agriturismo è stata ampliata, in un’ottica di aumento del valore aggiunto; in tal senso, oltre alla tradizionale ospitalità per i privati, sono state organizzate visite per le scolaresche – con tanto di “lezioni in fattoria” – e corsi di formazione sulla tintura della lana con sostanze naturali o la tessitura come tecnica di rilassamento.
La strategia di ampliamento del valore aggiunto attraverso l’allungamento delle filiere carne, lana e latte non sarebbe però stata agevole se portata avanti solamente dalla Cooperativa. Le pur sempre ridotte dimensioni della stessa, infatti, impedivano lo sfruttamento di economie di scala e di approvvigionamento; inoltre il mattatoio ed il caseificio avevano una dimensione ottima minima superiore ai fabbisogni della sola ASCA. Tali considerazioni convinsero Manuela e Nunzio che “si cresce nella misura in cui cresce il contesto in cui si opera”. In altri termini era necessario unire le forze di altri allevatori e realizzare un’architettura reticolare, in cui alcune organizzazioni svolgessero le attività comuni nell’ambito delle diverse filiere tecnico-economiche; in tal modo, inoltre, sarebbe aumentato il potere negoziale nei confronti delle amministrazioni locali e di quella regionale. In quest’ottica, la prima realtà ad essere costituita, nel 1987, fu l’ARPO (Associazione Regionale Produttori Ovi-Caprini) che attualmente annovera tra i suoi soci 176 aziende agricole zootecniche con un carico di bestiame pari a 40.000 capi. All’Associazione sono stati delegati compiti di rappresentanza degli associati, come nel caso in cui le ASL della Regione imposero – in ossequio alle norme HACCP, da molti ritenute a vantaggio delle multinazionali agroalimentari produttrici di alimenti “industrializzati” – la pastorizzazione del latte ed impedirono la lavorazione della materia prima cruda. Una tale imposizione avrebbe eliminato una delle principali fonti di tipicità dei formaggi ovini e caprini che proprio dal latte crudo derivano parte delle loro caratteristiche organolettiche uniche e di eccellenza. Infatti il pascolamento legato all’allevamento brado conferisce al latte caratteristiche ineguagliabili che al 70% vengono perse se il latte è sottoposto a processi di pastorizzazione.
Il talvolta aspro confronto con le ASL venne infine superato con la costituzione di un albo dei prodotti caseari tipici abruzzesi, accompagnato da una serie di disciplinari in cui veniva specificatamente prevista la caseificazione a latte crudo. Un secondo ruolo svolto dall’ARPO è quello di gestire – a partire dal 1996 – l’attività di caseificazione, per cui molti soci apportano il proprio latte o i formaggi lavorati secondo le specifiche del disciplinare di riferimento , poi commercializzati tutti insieme attraverso un Consorzio “Parco Produce” che consente di garantire una logistica efficiente ed efficace abbattendo notevolmente i costi, sostenuti per la distribuzione il quale Consorzio effettua anche un controllo qualità percepita e garantisce la sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti dei soci.
Infine, l’Associazione ha organizzato una sezione biologica, che consente ai soci interessati di certificare come biologici i propri prodotti caseari; ad oggi ben 15 aziende – tra cui ASCA – hanno ottenuto questo tipo di riconoscimento. Al fine di favorire l’attività di caseificazione anche nel periodo estivo, quando gli animali sono al pascolo negli alpeggi di montagna, l’Associazione ha acquisito un caseificio mobile che permette la produzione di formaggio direttamente presso l’alpeggio nel pieno rispetto della normativa di settore.
Una seconda iniziativa promossa da Manuela e Nunzio nell’ambito della loro strategia di valorizzazione delle attività zootecniche e dei relativi prodotti, è stata, nel 1996, la costituzione del Consorzio di Tutela dei Prodotti Pastorali dei Parchi D’Abruzzo, che avrebbe voluto cogliere ulteriori opportunità legislative. Nonostante il mancato riconoscimento di un marchio di tutela, il Consorzio è stato mantenuto in vita e funge da portavoce dinanzi alle istituzioni degli interessi dei consorziati. Inoltre, grazie ad alcuni finanziamenti all’epoca ricevuti, è stata acquistata una sala mungitura trasportabile mobile con pareti piastrellate che rispettano le norme dell’Unione Europea. Questa immobilizzazione tecnica – trasportabile da qualsiasi trattore o fuoristrada – viene condotta, durante il periodo estivo, agli alpeggi in cui pascolano le pecore, in modo da ottimizzare il processo produttivo. Allo stesso tempo, il Consorzio ha acquisito un secondo caseificio mobile, che consente la produzione di formaggi in loco, anche negli stazzi estivi oltre i 1500 m di altitudine.
Appena accennato in precedenza, la terza istituzione che completa l’architettura del network di ASCA è il Consorzio Parco Produce, costituito nel 1998 tra aziende di prodotti tipici della Valle Peligna e dell’Alto Sangro. L’iniziativa è stata sviluppata a seguito di un Progetto Leader finalizzato alla valorizzazione dei prodotti tipici, anche tramite Internet. A tal fine, presso l’ASCA di Anversa è stato realizzato un piccolo deposito dei prodotti finiti degli associati, che vengono sia venduti nello spaccio della Cooperativa e di tutte le aziende associate, che spediti a seguito di ordini ricevuti tramite il sito. Le categorie merceologiche dei prodotti commercializzati dal Consorzio vanno ben oltre i prodotti zootecnici ovini e bovini, ma anche suini e vegetali quali Liquori, confetture, olio, vino, zafferano, miele, farine e pasta.
L’innovazione strategica – allungamento delle filiere produttive, anche con la messa in produzione di novità gastronomiche quali il salame di pecora e la ricotta affumicata al ginepro) – ed organizzativa – in chiave prettamente reticolare – hanno indotto ad identificare una nuova iniziativa imprenditoriale che potesse fungere da traino dell’intero sistema, sfruttando anche la certificazione biologica appena acquisita da ASCA. In tal senso, due evidenze vennero tenute presenti:
- l’agricoltura industriale – ovvero la forte industrializzazione delle fasi a valle della coltivazione e dell’allevamento – non aveva mai attecchito in maniera significativa nelle zone montane dell’entroterra abruzzese;
- da qualche tempo i consumatori – a livello nazionale ed europeo – ricercavano sempre più prodotti biologici e di elevata qualità, data anche la paura dei possibili effetti collaterali legati ad una presenza sempre più massiccia degli OGM (Organismi Geneticamente Modificati, di derivazione biotecnologica).
La combinazione dei due fattori suggeriva di proporsi sempre più con prodotti naturali, legati al territorio ed ai valori tradizionali, sfruttando l’orientamento del mercato sempre più orientato al biologico ed al tipico. Tale strategia, però, andava implementata tenendo conto delle limitate risorse finanziarie a disposizione dell’azienda per comunicare la propria offerta. In tal senso, si trattava, da un lato, di “cavalcare” un fenomeno di rilevanza internazionale, dall’altro di accorciare la catena di distribuzione, avvicinando sempre più il cliente finale all’azienda. Per far ciò, era necessario individuare un’iniziativa in grado di attirare l’attenzione del grosso pubblico grazie all’attenzione dei mass media; nacque così l’idea di promuovere l’adozione a distanza di pecore attraverso Internet. Il progetto “Adotta una pecora, difendi al natura” consiste nell’adottare una pecora a distanza con un contributo annuo di 190 €, in cambio delle quali si ricevono, nell’anno successivo, i prodotti (agnello, latte, formaggi, ricotta, lana e concime) della pecora stessa. La cooperativa ASCA garantisce i prodotti inviati con marchi di qualità ed offre ai genitori adottivi la possibilità di essere ospitati nell’agriturismo dell’azienda, al fine di verificare di persona le modalità di allevamento della pecora adottata. I punti di forza dell’iniziativa consistono, per il cliente in un risparmio di oltre il 12% sul valore di mercato e nella certezza della genuinità dei prodotti. Allo stesso tempo, l’iniziativa ha un ritorno di natura sociale, in quanto consente il coinvolgimento dell’opinione pubblica su problematiche quali il degrado ambientale e l’abbandono della montagna da parte degli allevamenti semibradi.
L’iniziativa della cooperativa anversana rappresentava un’assoluta novità, in quanto, a differenza di altre precedenti esperienze internazionali, l’adozione permette al genitore di usufruire dei beni della pecora.
Secondo una recente indagine, il 98% del turismo incoming dell’area deriva dalle visite alle aree naturalistiche, anche se molti conoscono solo il Parco Nazionale d’Abruzzo ed ignorano molte altre aree protette di indiscutibile valore paesaggistico e naturalistico. Da un punto di vista operativo, nel momento in cui l’aspirante genitore adottivo compila il contratto di adozione e viene verificato il suo effettivo pagamento, lo stesso viene avvisato delle date in cui avverrà la spedizione dei prodotti. Inoltre, una settimana prima della spedizione, viene ricontattato per e-mail o telefono per essere sicuri che nel luogo in cui dovrà pervenire la merce ci sia qualcuno a ritirare il pacco.
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